POESIA CHIAMA MUSICA
Carlo Molinaro
L'uomo che ascolta le conchiglie
Le mattine in casa
Numeri
Passaggio a V.
Questo amore
Piccola Torino
Il senso della vita (ovvero plop, plop, plop)
Piccola Torino
fuga fuga scrittori in fuga col cranio fracassato a porta palazzo dolcezza di agrumi
su camion da sicilia oppure odore capri anacapri cardi anacardi cardinali
addolcite con prati verdi aiole linee austere palazzo madama e madamine
corrusche con le occhiaie interminabili malati terminali agonia di granchi
nelle umide casse al mercato del pesce bianche trombe scosciate majorettes
dalla collina in primavera effluvio d’erba cipollina con matte castagne
d’autunno viale thovez salesiani e albergo a ore con cioccolatini mattutini
quando corso regina nero e giallo come il culo di una vespa punge e muore
sotto il tailleur metamorfosi a rovescio la farfalla s’imbruca e s’inlarva e s’ignora
la signora sul sedici che sfreccia nella così detta feccia senza torinesi a bordo
era un dolce ricordo una sera in corso bologna l’amica non resisteva più
e accovacciata rimboccata smutandata davanti a un fiat fiorino fa pipì
e da superga nel festante coro lascia un nuovo decoro ai castellani buoni
che osservano lo spazio che s’incurva dalla mole giù giù fino ai murazzi
luccicanti di scaglie roteanti luci azzurre con profumo di lustre conchiglie
da cui venere incompresa nasce al prato di via artom con saggezza di condom
al meglio che non coglie nessun film per via roma griffata di stronzette
l’angoscia è un’onda immonda che l’afferra e lo circonda minacciosa
e gli manca qualcosa torino laboriosa torino volontaria che toglie anche l’aria
amore mio l’amore è sempre un gesto inconsulto talvolta anche un insulto
torino che non svela torino che querela torino è una candela precaria
quando il sole la pulisce quasi più non riconosce le sue luci intubate nel falso
cortese galante gentile dura e fredda col guanto col fucile col torbido dei preti
con la disperazione dei poeti e delle troie annegate in buonismo e cioccolate
da baratti scandalosi fra parenti fastidiosi e inquietanti presenze d’eminenze
mimetici avvocati annotati a notai bottegai arricchiti analfabeti devoti ma
soffia un vento che consola intermittente arginando il terrore lungo un viale
ossidato d’argento fottuto di tristezza seduto su una panca di piazza statuto
dove tutto sembra chiuso si riapre si scioglie all’improvviso sorride e l’accoglie
così riprende fiato così grato di gioia riprende la fuga la fuga la fuga
Il senso della vita (ovvero plop, plop, plop)
racconto molto breve
Da qualche ora stava tormentandosi sul senso della vita, quando si sentì rapito come in un vortice. Fu preso dallo spavento, poi si abbandonò. Si ritrovò su un terrazzo in una strana casa affacciata su una strana foresta. Sulla superficie di una pozzanghera scoppiavano bollicine qua e là, plop plop plop.
Un essere invisibile gli si avvicinò e gli disse:
“Vedi queste bollicine? Sono universi. Ogni bollicina è un universo, come quello in cui stai vivendo tu. Quella è la pozzanghera degli universi, è stata causata da un piovasco ieri, penso che per domani sarà asciutta e fine”.
Lui rispose:
“Ma non è possibile. Ogni bollicina dura appena un secondo”.
L’essere invisibile sembrò sorridere con un certo sarcasmo:
“È relativo, caro mio. In ogni plop nascono e muoiono miliardi di sistemi solari, miliardi di miliardi di pianeti, e miliardi di miliardi di miliardi di specie viventi e di civiltà, come la tua. Nel tempo che io mi accendo una sigaretta, passano centinaia di universi”.
Lui aggrottò le sopracciglia:
“E che senso ha?”
“Assolutamente nessuno. Ieri è piovuto, s’è formata la pozzanghera, condizioni chimiche favorevoli a un plop plop plop di universi. Io sono uno scienziato e con i miei potenti mezzi sono riuscito a scoprire il fenomeno, e con un’apparecchiatura astrattofisica ti ho cavato dal tuo tempo infinitesimale e ti ho portato qui, per farti vedere”.
“Quindi le vite degli uomini, le speranze, gli amori, i lutti, le gioie, la bellezza...”
“...sono molto meno che un miliardesimo di miliardesimo di miliardesimo dello spazio e del tempo di un plop nella pozzanghera. Un evento accidentale. Domani la pozzanghera asciuga, e niente più universi, finito”.
“E non ha nessun senso”.
“Certo che no, che senso vuoi che abbia un plop in una pozzanghera già mezzo asciutta?”
Lui guardò la pozzanghera già mezzo asciutta. Si stizzì. Disse all’essere invisibile:
“E la tua vita in quest’altra dimensione che senso ha?”
“Non ne ho idea. Sono uno scienziato”.
“Sai una cosa?”
“Cosa?”
“Vaffanculo”.
Lui si svegliò. Era un po’ sudato. La sua ragazza era appena rincasata, lo vide turbato e gli domandò:
“Che hai, amore?”
E lui:
“Nulla, amore mio. Ho sognato uno stronzo”.
E la baciò.
(Torino, 9 luglio 2006)
Carlo Molinaro è nato a Vercelli il 1° agosto 1953. Terminato il liceo classico, nel 1972 si è trasferito a Torino per gli studi universitari, e da allora è sempre rimasto ad abitare nel capoluogo subalpino dove, dopo la laurea in Lettere, è stato impiegato come redattore per ventisei anni (dal 1977 al 2003) in un’antica casa editrice. Attualmente continua a lavorare nell’editoria, in modo autonomo e precario. La poesia è una sua vocazione costante: ha pubblicato numerosi libri di versi a partire dal 1981; attualmente è in corso di stampa un volume riassuntivo-antologico di tutta la sua opera poetica (La parola rinvenuta, Genesi Editrice, Torino, uscita prevista novembre 2006). Ha ottenuto numerosi riconoscimenti letterari, fra cui il Premio Montale per la poesia inedita nel 1985. Ha tenuto un corso di scrittura poetica alla Scuola Holden di Torino. Ha partecipato a diverse manifestazioni di poesia ed è incluso in importanti antologie. Una sua silloge è in corso di pubblicazione sulla Italian Poetry Review della Columbia University di New York. Nel 2004 ha pubblicato anche un romanzo, intitolato Io sto come mi pare. Fra i luoghi «fisici» della sua poesia hanno particolare rilievo le città di Vercelli, Torino e Genova.
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