PROFILO OPERE

Riletture: Othmar Schoeck (1886-1957)

 

opere eseguite al CCS Centro Culturale Svizzero a Milano il 29 novembre 1999

Insieme a Frank Martin (1890-1974) e Arthur Honegger (1892-1955) Othmar Schoeck è una delle figure più significative della musica svizzera del XX secolo, che grazie a loro si è ritagliata una collocazione artistica significativa nel panorama internazionale del Novecento. Al contrario dei due più giovani colleghi, Schoeck ha operato sempre in patria; anche la sua formazione - a parte, come vedremo, gli anni di studio a Lipsia con Max Reger - è avvenuta all’interno del mondo musicale nazionale, senza che questo gli abbia però impedito di tenersi al corrente con quanto avveniva nel resto d’Europa in relazione a nuove istanze stilistiche ed estetiche. Se Martin, infatti, le ha recepite “in loco” grazie agli studi completati a Parigi ed alla lunga esperienza di insegnante nelle Accademie di Amsterdam e Colonia, Honegger dal canto suo verso il 1910 si trasferiva per sempre a Parigi, per diventare in poco tempo una delle figure di spicco dell’avanguardia musicale di quegli anni.
Abbastanza diverso, invece, è stato il percorso formativo e produttivo di Schoeck, nato a Brunnen (Schwyz) il 1? ottobre 1886 e in un primo tempo deciso a dedicarsi alla pittura sulla scia del padre Alfred. La svolta avveniva nel 1905 con l’iscrizione al Conservatorio di Zurigo, seguita nel 1908 dagli studi con Max Reger a Lipsia, una delle città più prestigiose della musica tedesca ed europea, dove le strade, i palazzi, le chiese (in S.Tommaso, ad esempio, aveva lavorato Bach), le stesse istituzioni artistiche erano impregnate di storia; si pensi alla sala ed all?Orchestra del Gewandhaus, sorte alla fine del XVIII secolo e da Mendelssohn elevate a protagoniste della civiltà musicale romantica (lo stesso Mendelssohn nel 1843 vi fondava il Conservatorium für Musik). Nel periodo di permanenza di Schoeck a Lipsia, Kapellmeister del Gewandhaus era il leggendario direttore dei Berliner Philarmoniker Arthur Nikisch, la cui attività si aggiungeva a quelle di numerose altre orchestre e delle decine di società corali. Nel 1908 Schoeck ritornava in Svizzera e si stabiliva a Zurigo, dove sino a 1915 dirigeva dapprima il coro maschile Aussersihl, quindi il coro, sempre maschile, Harmonie. Nel 1917 assumeva la direzione dell’Orchestra Sinfonica di S. Gallo, che avrebbe mantenuto sino al 1944, in parallelo con un’intensa attività compositiva in virtù della quale nel corso degli anni ha ricevuto molti riconoscimenti internazionali; tra i tanti, ricordiamo il Musikpreis della città di Zurigo (1943) e la croce Verdienstorden der Bundesrepublik Deutschland (1956).
Due e strettamente connessi tra loro sono gli elementi di fondo della musica di Schoeck: 1) ampio spazio riservato alla produzione liederistica, seconda solo a quella di Franz Schubert da un punto di vista quantitativo (più di 400); 2) autonomia delle scelte linguistiche, tutte improntate ad una totale fiducia nel sistema tonale, in contrapposizione alla totale sfiducia in atto nei primi decenni del Novecento, per ovviare alla quale i vari Stravinskij, Bartók, Schönberg, Debussy proponevano in quello stesso periodo soluzioni più o meno radicali. La scelta di Schoeck di fare del Lied il filo conduttore della propria esperienza va dunque inquadrata in quest’ottica, trattandosi di uno dei generi più gloriosi della letteratura musicale, da fine Settecento sino ai primi del Novecento; è vero che anche i compositori della Seconda Scuola di Vienna - Schönberg, Berg e Webern - hanno composto Lieder, ma, a parte forse solo le ultime Cantate di Webern in puro stile seriale - nel loro percorso artistico questi rappresentanto non a caso le esperienze nelle quali la tradizione è pi? presente (o, se si vuole, è meno lontana). Prima di soffermarsi sulla liederistica di Schoeck, sarà forse utile ricordare altri titoli della sua vasta produzione: sei opere, tra le quali spicca Penthesilea (libretto proprio da Heinrich von Kleist, 1927); alcune pagine orchestrali, compreso un intermezzo per archi, il cui titolo, Sommernacht (1929), è lo stesso di uno dei Lieder dell’op. 44. Molta anche la musica per voce e orchestra, con ampio spazio riservato a testi di Lenau, e quella da camera.
La vasta produzione liederistica di Schoeck - a cappella, per voce e pianoforte e per voce e orchestra o piccolo ensemble strumentale - si può articolare in due generi: i Lieder singoli ed i cicli organici. Inoltre, è possibile individuare tre periodi compositivi: dai 3 Schilflieder op. 2 (testi di Nikolaus Lenau, 1905) ai 14 Lieder op. 20 (Ludwig Uhland e Joseph Karl von Eichendorff, 1914); dai 10 Lieder op. 24a (poeti vari, tra i quali ancora Lenau, 1914) ai 6 Lieder op. 51 (Eichendorff ed Eduard Mörike, 1943); e infine dal Wandsbecker Liederbuch op. 52 (Matthias Claudius, 1946) a Das holde Bescheiden op. 62 (Mörike, 1950). I Lieder del primo periodo sono caratterizzati da una forte pregnanza melodica, in linea con la migliore tradizione schubertiana e schumanniana. In quelli del secondo la linea vocale, pur sempre tersa e lirica, è sostenuta da un accompagnamento pianistico armonicamente più ricercato, con qualche inclinazione verso tocchi di colore di sapore impressionistico; i Lieder dell’op.44 ne sono una prova tangibile, in riferimento anche ai versi di Hesse, sempre così liricamente accesi da richiedere una mobilità armonica, timbrica e ritmica affine, ad esempio, a quella di un Richard Strauss, il punto di riferimento più avanzato per Schoeck. L’ultimo periodo, al quale appartengono i due Lieder a cappella su versi dello stesso Hesse, rivelano una tendenza del musicista ad una riduzione dei mezzi compositivi, ad un gusto per le immagini musicali nude, senza concessioni al decorativismo timbrico o all’artificio armonico.
1) Die Maschinenschlacht op. 64a (La battaglia delle macchine), testo di Hermann Hesse, 1953. 2) Gestutzte Eiche op. 64b (Quercia tagliata), testo di Hermann Hesse, 1953. 3) Zimmerspruch, testo di Ludwig Uhland, 1947. Il titolo potrebbe essere tradotto con “canto/preghiera della casa”, quasi fosse una di quelle scritte che si possono leggere sulla porta d’ingresso di una casa con le quali si chiede al buon Dio di proteggere quella casa ed i suoi abitanti. Il Lied è dedicato al Regierung del Cantone di Schwyz dove il compositore era nato. 4) Die Drei (I tre), testo di Nikolaus Lenau, 1930. I Lieder a cappella, ovvero per coro senza alcun accompagnamento strumentale, fanno parte della tradizione corale dei paesi di lingua tedesca. Inoltre, una delle caratteristiche di fondo della cultura musicale svizzera è l’impostazione didattico-pedagogica assunta sin dall’inizio del XIX secolo, grazie soprattutto alle molteplici, complementari, attività di Hans-Georg Nägeli (Wetzikon 1773 - Zurigo 1836). Compisitore, direttore di cori, editore (è stato tra i primi artefici della Bach-Renaissance), Nägeli, con la fondazione di numerose associazioni e scuole corali, ha dato un contributo decisivo alla capillare diffusione in Germania e nei paesi culturalmente affini della conoscenza e della pratica esecutiva di pagine corali sacre (in Svizzera l?esempio di Nägeli è stato seguito anche nelle aree di lingua francese, come dimostra la nascita della Société Helvétique de Musique, 1808, e della Société Fédérale de Chant, 1842). Le conseguenze di questo fenomeno sono state due: 1) riscoperta e valorizzazione del patrimonio corale barocco legato soprattutto al protestantesimo; 2) incentivazione alla composizione di pagine per i diversi tipi di coro - maschile, femminile e misto - sia a cappella che in unione ad organici orchestrali più o meno ampi, con destinazione sia sacra che cameristica. Esempi di queste diverse tipologie di coralit? li troviamo nei più importanti compositori dell’ Ottocento romantico tedesco (secondo qualche storico della musica l’unico, vero, Romanticismo): da Felix Mendelssohn ad Anton Bruckner, da Franz Liszt a Johannes Brahms. La Seconda Scuola di Vienna ha innestato questa tradizione sulla nuova realtà di associazioni operaie: Schönberg ha diretto per alcuni anni la Corale dei Mettallurgici di Stockerau - un sobborgo operaio di Vienna - e negli anni ’20 ha composto una decina di lavori sia per coro a cappella (maschile) che con orchestra. Quanto a Webern, ricordiamo le sue direzioni del coro femminile di Mödling (Vienna) e del coro degli operai di Vienna, nonché i cinque lavori corali con orchestra (Lieder e Cantate opp. 2, 19, 26, 29 e 31).
Dei Lieder a cappella su versi di Hesse abbiamo già detto in chiusura del paragrafo precedente. Con Ludwig Uhland (1787-1862) siamo in un mondo dalle tinte tenui e dall’atmosfera caldamente familiare; le sue ballate e romanze si segnalano per un linguaggio robusto e immediato, che si ritrova anche nelle raccolte liederistiche d’ispirazione popolare come quella alla quale appartiene Zimmerspruch, nel quale la musica di Schoeck si muove con semplicità, senza arditezze armoniche, alternando passaggi a quattro voci a passaggi a due in maniera da assecondare con naturalezza i toni intimi dei versi.
Lenau (1802-1850), pseudonimo di Niembsch von Strehlenau, è stata una delle voci più significative della poesia romantica, nella quale ha inserito accenti improntati ad un pessimismo senza scampo. Nei suoi paesaggi spesso lividi i personaggi si trascinano senza neanche più udire la soavità di un canto d’amore (Schilfield / Canto del canneto, musicato sia da Mendelssohn che da Berg), oppure assumono le sembianze di apparizioni misteriose, oniriche (Die drei Zigeuner / I tre zingari, musicato da Liszt e dallo stesso Schoeck nell’op. 24a. E possono essere anche figure sanguinanti sulle quali aleggia il soffio della morte; i tre soldati della ballata scelta dal compositore sono reduci da una battaglia dalla quale sono usciti mortalmente feriti; vorrebbero tornare a casa ma non ci riusciranno, perché tre avvoltoi già volteggiano nel cielo e si distribuiscono i loro corpi:“Den speist du, den du, den ich” (“quello lo divori tu, quell’altro tu, questo io”). La musica di Schoeck riveste con pochi, essenziali gesti sonori il testo del quale esalta anche alcuni giochi di parole con imitazioni efficaci.
Acht Lieder, op. 19a Tra il 1909 ed il 1915 Schoeck ha composto due raccolte su versi di Johann Wolfgang Goethe: op.19a e op. 19b. I dieci della raccolta in programma sono: Herbstgefühl (Sentimento d?autunno), Dämmerung senkte such von oben (Scende il crepuscolo), Mailied (Canto di maggio), Mit einem gemalten Band (Con un nastro dipinto), Rastlose Liebe (Amore senza requie), Sorge (Ansia), Ungebuld (Impazienza), Parabase (Parabasi). In base alla suddivisione proposta precedentemente la raccolta rientra nel primo periodo compositivo di Schoeck, nel corso del quale la sua attenzione era rivolta alla valorizzazione della linea vocale in senso fortemente lirico, che qui tuttavia a volte recepisce suggestioni della liederistica di Hugo Wolf, scomparso da poco all’epoca della composizione della raccolta (1903). Lo testimoniano certi passaggi in cui il rapporto voce-pianoforte si fa più libero e l’armonia accoglie cromatismi improvvisi, dai quali però ben presto il discorso si libera ritornando su percorsi noti ma sempre eleganti.
10 Lieder op. 44 Hesse, definito da Schoeck “il moderno che si fa poesia”, aveva fornito spunti compositivi al musicista già nel 1907 con i 4 Gedichte op. 8, seguiti da altri lavori sparsi. I titoli dei dieci Lieder sono: Nachtfühl (Sentimento notturno), Magie der Farben (Magia di colori), Verwelkende Rosen (Rose appassite), Abends (Di sera), Mittag in September (Mezzogiorno di settembre), Blauer Schmetterlin (Farfalla blu), Pfeifen (Fischi), Sommernacht (Notte d’estate), Für Ninon (Per Ninon), Vergänglichkeit (Transitorietà). Schoeck condivide l’interesse per Hesse con molti altri compositori, dei quali però solo Richard Strauss ha una statura artistica di assoluto rilievo (i primi tre dei Vier letzte Lieder, 1948). Tanta attenzione è giustificata sia dal ruolo occupato dalla musica nella letteratura dello scrittore tedesco - morto in Svizzera nel 1962 - sia dalle caratteristiche stesse del suo verso. A proposito del primo, dopo avere ricordato come la musica occupi un posto di rilievo anche nella narrativa di Thomas Mann (Morte a Venezia, Doktor Faustus), ecco cosa scrive Giovanni Guanti: “Quest’arte [la musica] restò, lungo tutta l’ampia parabola di Hesse, l’emblema più pregnante di una Weltanschauung fedele, da un lato, all’ideale della supernazionalità ed internazionalità dello spirito, dall’altro a quello della tollerante accettazione della pluralità dei credi, delle lingue e delle culture sulla base del sentimento della loro principale unità. Tale prospettiva [..] ebbe la sua più mirabile formulazione nel romanzo Glasperlenspiel [Il gioco delle perle di vetro] , dove gruppi di “sacerdoti dello Spirito” hanno il compito di tramandare ai posteri i beni spirituali creati dalle passate generazioni per mezzo di una disciplina chiamata “gioco delle perle di vetro” [?] una specie di telaio con alcune dozzine di fili tesi sui quali allineare perle di vetro di grandezza, forma e colori diversi. Corrispondendo i fili al rigo musicale e le perle alle note questo permetteva di comporre frasi o temi musicali”. A queste osservazioni ne possiamo aggiungere altre: l’importanza della chiave musicale per penetrare nei segreti dell’opera di Hesse in riferimento tanto alla struttura di molti romanzi (tema, sviluppo, variazioni) quanto alla concezione dell’arte come armonia dello spirito con il cosmo secondo la più autentica estetica musicale romantica; il riferimento esplicito alla musica presente nei titoli di molti lavori (Chopin, Gavotte, Nocturne, Konzert ecc.); i nomi di alcuni personaggi, come quello di Mozart in Der Steppenwolf (Il lupo della steppa) dove nel finale, accanto al protagonista Harry, compare l’autore del Don Giovanni che lo incita ad accettare la vita in tutti i suoi aspetti e sancendone così la definitiva guarigione spirituale. Nel mettere in musica le dieci poesie Schoeck non si è prefisso un percorso unitario, come dimostrano le diverse provenienze delle stesse ed il ricorso a più tessiture vocali: per Mezzogiorno di settembre, ad esempio, è richiesta una voce scura, per Notte d’estate una chiara. Ma questo non impedisce di affidarne l’esecuzione ad una sola voce con il ricorso a normali trasposizioni. (Ettore Napoli)


 

 
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