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                         La musica corale nel Novecento 
                        
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                  A fine XVI secolo la definizione di musica 
                    a cappella veniva usata nella duplice accezione di musica 
                    esclusivamente corale a quattro parti (partendo dallacuto, 
                    Superior - Altus - Tenor - Bassus), ligia ai dettami del Concilio 
                    di Trento (rigore contrappuntistico e consonanza armonica 
                    innanzitutto), e di musica vocale-strumentale. Ma per quanto 
                    riguarda la prima accezione, la musicologia più recente 
                    ha avanzato lipotesi che spesso anche la musica a cappella 
                    del primo tipo prevedesse parti strumentali, la cui assenza 
                    in partitura era dunque solo un dato convenzionale. A questo 
                    riguardo, vale la pena ricordare che la presenza dellorgano 
                    era sottintesa anche nella musica a cappella più fedele 
                    ai dettami del Concilio di Trento e che Bach ha strumentato 
                    la messa Sine Nomine, a sei voci, di Palestrina. La 
                    presenza in programma di quattro Mottetti 
                    di questultimo è proprio loccasione 
                    per risentire la magia di un uso forse insuperato nella storia 
                    della musica di un contrappunto messo al totale servizio della 
                    comprensibilità delle parole e dunque, trattandosi 
                    di un testo sacro, della funzionalità spirituale di 
                    questultimo. Da segnalare che nel Super Flumina 
                    Babylonis (Salmo 137) la cupa frase dapertura 
                    sembra condensare vividamente il dolore senza speranza degli 
                    Ebrei esiliati (Surian). La semplicità, melodica 
                    e armonica, caratterizza anche A Ceremony of Carols 
                    di Britten, una sequenza di undici carols (canti popolari 
                    inglesi di carattere religioso, di solito natalizi, i cui 
                    primi esempi risalgono alla metà del XIV secolo) interrotti 
                    da un breve intermezzo per sola arpa e composti nella primavera 
                    del 1942, sulla nave che riportava il compositore in Inghilterra 
                    dagli USA dove, tra laltro, Kusevitzkij aveva diretto 
                    con grande successo la prima della Sinfonia da Requiem 
                    (da non confondere con il War Requiem del 61). 
                    E tuttavia la mobilità, soprattutto di colore, della 
                    scrittura vocale, alla quale larpa conferisce un sostegno 
                    altamente poetico, giustifica la fortuna che ha subito incontrato 
                    questa pagina, al punto da spingere Britten a curarne altre 
                    due versioni, per coro misto e per voci bianche, con arpa 
                    o pianoforte. Molino scrive: "La lontananza, di cui parla 
                    il titolo, è fra alcuni degli atteggiamenti dello strumento 
                    che più si riferiscono alla musica davanguardia 
                    usati nel pezzo, e leufonia delle armonie degli arpeggi, 
                    allinizio inserite in un linguaggio spezzato, poi in 
                    un sorta di divertissement con ottave e arpeggi per moto contrario. 
                    La lontananza è anche tra la prima parte del pezzo 
                    e la seconda, la prima riunendo in un contesto comune atteggiamenti 
                    strumentali diversi, la seconda esprimendo in un linguaggio 
                    più continuo la medesima aspirazione allunit?." 
                    Anche nei Tre Mottetti di Bettinelli la forza 
                    comunicativa del testo viene esaltata al massimo, in virtù 
                    di un ricorso a pochi gesti compositivi (nettezza 
                    delle linee, trasparenza armonica, ricerca accurata delleffetto 
                    di insieme) che costituiscono da sempre il pregio fondamentale 
                    del compositore milanese dalla cui classe di insegnamento 
                    sono uscite figure di grande spessore artistico: da Claudio 
                    Abbado a Riccardo Muti a Azio Corghi. Le composizioni di Danieli 
                    e Delli Pizzi ci portano in mondi completamente diversi. È 
                    vero che anche dal Veris Carmen si leva un respiro 
                    religioso, ma si tratta di una religiosità panica, 
                    quale una volta provava luomo alla visione della 
                    prima età della vita, al nascere del mondo (dalla 
                    prefazione in partitura dellautore). I dodici esametri 
                    scelti dal secondo libro delle Georgiche di Virgilio sono 
                    rivestiti da Danieli da una scrittura fortemente evocativa, 
                    alla quale contribuiscono landamento omoritmico delle 
                    parti e la predilezione per una vocalità che si muove 
                    in ambiti ristretti e per intervalli minimi. La pagina di 
                    Delli Pizzi, che risale al 1994, prevede limpiego simultaneo 
                    di tre testi - due propri in italiano e in latino, e un terzo 
                    in latino tratto da Marziale ma liberamente manipolato dallo 
                    stesso compositore - ci porta brutalmente in un mondo di acceso 
                    erotismo al quale la particolare ricerca di effetti timbrici, 
                    nonché la contrazione e la dilatazione sia ritmica 
                    che contrappuntistica, conferisce un andamento teso, a volte 
                    quasi febbrile. In un concerto come questo, di gusto barocco 
                    per la calcolata eterogeneità delle proposte, Il 
                    vuoto e la Vergine per arpa sola di Garuti, affidato 
                    alla stessa artista che lha eseguito in prima assoluta 
                    nel 1983, rappresenta un momento di alto virtuosismo strumentale; 
                    tremoli, glissati di pedale, pizzicati alla Bartók, 
                    ecc. si concentrano in pochissimi minuti di musica che rimanda 
                    solo a se stessa.  
                   
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