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PROFILO OPERE |
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Concerto di musica contemporanea
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Davide Anzaghi introduce il concerto; seduto, in
ascolto, il pittore Umberto Mariani
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I compositori
prescelti per l’odierno concerto appartengono tutti
(anche quelli scomparsi) o al Novecento o al presente. Codesta
scelta è in deroga ad una regressiva consuetudine moderna
secondo la quale i concerti dovrebbero ospitare esclusivamente
autori vissuti non oltre l’Ottocento. Il feticizzato
passato fu di tutt’altro avviso: nella seconda metà
del Settecento si persero le tracce di J. S. Bach, considerato
attardato in tecniche e poetiche giudicate superate a tal
punto, da giustificarne l’accantonamento in soffitta,
fra i vecchi arnesi. L’ardimentoso concerto d’oggi
travalica invece il Novecento proponendo anche opere in prima
esecuzione assoluta di autori viventi. Secondo un’argomentazione
cara ai delibatori della musica antica la musica d’altri
tempi sarebbe bella; quella del presente brutta. Duole rilevare
nella predetta argomentazione una fallacia: del celebrato
passato i suoi manicheistici estimatori conoscono soltanto
i grandi compositori. Ignorano i minori e i modesti, ascoltando
i quali non mancherebbero le occasioni per aduggiarsi. Del
presente – non ancora filtrato – accade invece
di udire anche pessimi autori come ne addita quel passato
che non vanta solo i grandi: la pletora dei piccoli fu giustamente
negletta. Il concerto che gli ascoltatori si apprestano ad
udire si connota pertanto per la concezione non arcaizzante
del programma.
da sinistra a destra Luca Avanzi, Davide Anzaghi,
Elena Gorna alle prove del concerto
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Apre il concerto un brano dello svizzero H. Holliger,
oboista fra i massimi, del quale non si saprebbe dire se la
sua celebrità oboistica incrementò quella compositiva
o viceversa. Quando si parla di oboe il nome di Holliger è
– implicitamente o esplicitamente – evocato, come
lo è quello di Segovia per la chitarra o di Rostropovic?.
per il violoncello. Similmente ad altri compositori della stessa
generazione (nasce nel 1939) Holliger è sperimentatore
tanto abile quanto esperto del proprio strumento di cui ha rivelato
potenzialità prima sconosciute.
F. Gemmo è una giovane e apprezzata
compositrice che dopo aver conseguito copiosi successi pianistici
è stata visitata da una vocazione creativa che lascia
presagire un forte talento.
D. Anzaghi è autore incline al pitagorismo.
Aspira alla coniugazione di un codice altamente formalizzato
con l’efficacia dell’esito, nel quale l’esoterico
codice adottato si sublimi. La perigliosa coniugazione svelerà
la riuscita o meno dell’enigmatico congiungimento solo
nell’istante dell’ascolto. Gli dei proteggano
la fecondità dell’azzardoso amplesso.
Luca Avanzi
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Elena Gorna
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Del compositore francese A. Jolivet
si addita una singolare condizione: notissimo, eseguitissimo
e amatissimo per taluni brani strumentali (compreso quello
oggi proposto) non risulta altrettanto conosciuto per le altre
opere intrise di suggestioni simboliche ed esoteriche, sempre
di artigianato alto e di eccelso gusto. La sua è una
scrittura fluida, elegante, godibile.
La crisi novecentesca del codice tonale indusse taluni compositori
ad attingere alle fonti del folclore. M. Cesa,
compositore avellinese, ancorò la propria invenzione
alle tradizioni, anche musicali, dell’Irpinia, terra
alla quale appartiene. Il suono dell’arcadico oboe,
suscitatore di ricordi, immagini, sonorità ancestrali,
ha influito sulla stesura di Primitive, che sembra alludere
all’aura di quell’aspra zona appenninica che gli
antichi antenati sannitici fieramente abitarono? L’invio
del manoscritto fu accompagnato da queste parole: «Per
un sentiero / il viandante scorge, / tra macilente carte,
/ uno strumento (oboe) / istintivamente raccoglie / e con
incerti e rabbiosi tentativi / vivifica il disfatto / producendo
primitive sonorità».
Magistrale e amato decano dei compositori italiani, G.
Petrassi ci ha lasciato da poche settimane. Di lui,
squisito novatore e docente sommo, ci restano musiche di rara
intelligenza musicale. Flou è brano prediletto dagli
arpisti e ascoltabile spesso nelle sale da concerto non riottose
alla presenza di autori contemporanei. Flou è un capolavoro
di finezza. Ben altro si dovrebbe scrivere di Petrassi. Ma
la sua grandezza non tarderà ad apparire tale anche
a chi lo conosce poco o nulla.
I. Danieli, musicista ispirato, sa invocare
la propria Musa con affascinanti riti propiziatori. Si leggano
le sue sideree parole: «Osservando le stelle nelle
notti invernali, appare nella profondità dell’equatore
celeste la costellazione di Orione, immensa e dominatrice
dello spazio. Orione è costituito da due trapezi giuntati
per la base minore, formata dalle stelle Delta, Epsilon, Zeta,
Orionis, la Cintura di Orione, il personaggio mitologico da
cui la costellazione prende il nome. Al suo vertice sta Betelgeuse,
che ne è l’astro più luminoso (alfa Orionis),
una delle più grandi stelle conosciute. Di Betelgeuse
a noi giunge l’estremo bagliore e l’eco immaginario
della sua natura sonora. L’idea di Betelgeuse nel sogno
nasce dalla forma della costellazione di Orione, sovrastata
da questa stella, dalla quale muovono tutti i suoni, i silenzi
e i moti ritmici degli strumenti, e intorno alla quale si
riflette e si agita il sogno di cui dice il titolo. Sogno
di suoni che ho immaginato provenire dallo spazio lontanissimo;
sogno di suoni che corrono attraverso il tempo, ora chiari
e distinti, ora appena udibili: come se ognuno di noi ascoltasse
il grande, discorde battito del cuore dell’universo».
S. Gorli ha scritto, con gioia creativa,
reinventando un precedente brano destinato al solo oboe, Le
vie dei canti n. 3, per oboe e arpa. Amico-discepolo di B.
Maderna, oboinofilo massimo, la curiosità per la composizione
di Gorli (che nel momento in cui questo scritto è consegnato
alla tipografia non è stato possibile analizzare) è
grande. Gorli, che si auspica presente al concerto, non negherà
certo agli ascoltatori illuminazioni sulla propria, recentissima
composizione, che qui si esegue per la prima volta .
Di J. Legg (1962-2000), compositore americano
dalla breve vita, Avanzi e Gorna eseguono una Suite del 1993,
in prima esecuzione italiana. L’analisi della partitura
rivela una qualità di scrittura ricorrente nella recente
cultura musicale americana: disinvolta, efficace, aproblematica.
Delle aspirazioni, delle sperimentazioni, delle radicali istanze
di rinnovamento proprie delle avanguardie e neoavanguardie
non c’è traccia alcuna nel brano di Legg. La
musica fluisce o defluisce come acqua da fonte spontanea.
Sono possibili captazioni ambivalenti del pezzo: l’acqua
fresca è dono prezioso dagli dei elargito per lenire
l’arsura. Non è sempre ambita da chi aspirerebbe
ad una coppa di pregiato vino d’antica tradizione, caro
ad altri dei e ai loro esigenti sacerdoti.
Con questo concerto la Fondazione Calderara (in collaborazione
con Novurgìa) ci rammenta che non tutti i
compositori giacciono (ancorché sublimi) nelle riverite
bare del passato. Maestri di un’antica e nobile arte
si aggirino, enigmatici, fra noi. Perché non suppore
che taluno sia visitato da grandezza creativa? Perché
non provare a scoprirlo?
Davide Anzaghi

da sinistra L. Avanzi, F. Gemmo, D. Anzaghi, I. Danieli,
Elena Gorna, S. Gorli al termine del concerto
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La Collezione Calderara di Arte Contemporanea
La Collezione Calderara, allestita dal pittore Antonio Calderara
(Abbiategrasso 1903-Vacciago 1978) nella sua secentesca casa-studio
di Vacciago, si compone di 327 opere di pittura e di scultura
contemporanee, delle quali 56 sono di Calderara stesso e 271
di 133 artisti europei ed extraeuropei, accomunati al maestro
da rapporti di amicizia e di stima o da affinità di
ricerca.
La Collezione offre pertanto un’ampia documentazione
delle avanguardie internazionali degli anni cinquanta e sessanta,
con particolare attenzione all’astrattismo geometrico,
l’arte cinetica, l’op art e la poesia visiva.
Sono rappresentati anche alcuni aspetti delle avanguardie
storiche.
L’arte di Calderara è illustrata con un gruppo
di opere fra le migliori del periodo figurativo (1915-1959)
e con una selezione esemplare della successiva fase astratto-concreta.
Recentemente è stato pubblicato il Catalogo della Collezione
Calderara presso l’Editore Skira: esso raccoglie le
riproduzioni a colori di tutte le opere della Collezione,
accompagnate da testi critici in italiano e inglese, di Gillo
Dorfles, Francesco Saba Sardi e Giulio Bedoni. Le informazioni
in proposito sono reperibili presso la Fondazione Calderara,
via Bardelli 9, 28010 Vacciago di Ameno (No), tel. 0322 998192,
presso Skira Editore e sul sito web “www.fondazionecalderara.it”
Luciano Caramel illustra la mostra della Fondazione
Calderara
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