PROFILO OPERE

La rinascenza degli strumenti “popolari”: la fisarmonica
 

In via eccezionale, ma la particolarità di questo concerto lo giustifica, la presentazione del programma verterà più sullo strumento che sulle composizioni. Se è certo, difatti, che fino a pochi decenni fa la fisarmonica era una presenza fissa in sagre paesane e feste campagnole, è altrettanto certo che la diffusione della musica registrata e il ricorso sempre più massiccio alle tastiere elettroniche anche in quei contesti ne ha ridotto di molto l’impiego. Quando e dove abbiamo ascoltato una fisarmonica per l’ultima volta? Per ripercorrerne velocemente la storia bisogna trasferirsi nel mondo orientale, e precisamente in Cina, dove sin dal III millennio a. C. era impiegato uno strumento, lo “seng”, basato sullo stesso principio della moderna fisarmonica dell’insufflazione d’aria in un serbatoio. Quando nel XVIII secolo un costruttore tedesco affidò l’insufflazione ad un mantice e la selezione dei suoni ad una rudimentale tastiera si ebbe uno strumento conosciuto all’inizio del XIX secolo con il nome di Hand-Aeoline, prototipo diretto di quello odierno. L’evoluzione successiva si mosse lungo il doppio binario dell’estensione (in un primo tempo si potevano ottenere solo le note diatoniche di una scala maggiore) e della tecnica esecutiva, limitata sino a metà ‘800 al II, III e IV dito della mano destra e al II e V della sinistra; i tasti, inoltre, erano strisce di legno di lunghezza diversa, sostituiti solo a fine secolo dai bottoni. Il termine “physarmonika” (da “fusa”= mantice e “armonikos”) pare sia comparso per la prima volta verso il 1818 in Austria, ma solo alla fine del secolo si affermò definitivamente, scalzando denominazioni quali “aelodion”, “mélophone”, “symphonium”, che insieme a quello più generico di organetto indicavano strumenti similari in uso in paesi diversi. La fisarmonica s’impose su tutti questi quando negli ultimi anni dell’800 raggiunse una notevole qualità fonica (verso il 1850 venne costruita a Vienna la prima fisarmonica cromatica) ed una grande maneggevolezza, con i tasti-bottoni posti sul frontale anziché sul laterale dello strumento con conseguente corredo di una cinghia di sostegno. Il primo ingresso della fisarmonica in ambiti classici avvenne forse nel 1877, quando a Vienna i fratelli Schrammel dettero vita ad un quartetto di grande successo, molto apprezzato da Mahler, formato da due violini, una chitarra-basso e, appunto, una fisarmonica. Le modifiche successive si mossero nella direzione dell’estensione, oggi di 7-8 ottave, di un equilibrio fonico tra le due tastiere, dell’inserimento di registri (tra cui quello traspositore d’ottava) e di un’accordatura rigorosa; quest’ultima, in realtà, ha privato per sempre lo strumento del timbro di una volta, nasale, dovuto al leggero scarto d’intonazione che c’era tra i due suoni uguali (battimento) ed oggi prodotto solo dalla fisarmonica utilizzata per certa musica da cabaret francese. Impiegata inizialmente per trascrizioni, una delle prime presenze originali nel mondo della musica “colta” risale alla seconda Suite per orchestra di Cajkovskij del 1883, con effetto di colore; per un impiego espressivo assolutamente originale bisogna forse aspettare la scena dell’osteria nel II atto del Wozzeck di Berg (1925), mentre nella prima Kammermusik di Hindemith (1922) la fisarmonica ha il ruolo fondamentale di divisore timbrico tra due organici strumentali eterogenei. Le pagine di questo concerto fanno parte di una letteratura specificatamente pensata per lo strumento. Da segnalare che: la Sequenza di Berio è l’ultima della serie delle sequenze; il brano di Maggi rivela un gusto spiccato per gli effetti fonici; Feria III si rifà alla composizione con lo stesso titolo dell’82 (5 trombe, 5 fiati e organo), già ripresa dieci anni dopo per solo organo.


 

 
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