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                      Alfred Schnittke (1934-1998) 
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                  Opere eseguite allo Spazio Oberdan, martedì 
                    8 maggio 2001, ore 21 
                   Alfred Schnittke è un compositore affatto moderno 
                    secondo lo spirito e i disegni segreti della storia. Anzi, 
                    storicamente e stilisticamente è un artista postmoderno. 
                    Non per questo, ma per altri motivi, egli è tuttavia 
                    un musicista di antica sapienza, e possiamo definirlo "antico" 
                    secondo i suoi fini artistici: lavorare sulla materia e sul 
                    potere degli strumenti musicali, indagare nel suono e nelle 
                    sue connotazioni filosofiche tali da legarlo al respiro dell¹universo; 
                    scatenare fortissimi contrasti e apocalittici drammi. Perciò, 
                    Schnittke è un grande costruttore, e a quasi tre anni 
                    dalla sua morte, sentiamo la sua mancanza. Non è un 
                    compositore che abbia dedicato la propria vita a un taglio 
                    particolare del diamante-musica, come nobilmente ha fatto 
                    John Cage. Schnittke cerca la totalità, vuole combattere 
                    su tutti i fronti possibili, anche su quelli lungo i quali 
                    il nemico insidioso si chiama Kitsch. Per fare questo occorre 
                    coraggio: il coraggio di partire dalla poesia dei sensi intelligenti 
                    per trovare la poesia dell¹intelletto e della sensibilità, 
                    di muovere dall¹intelletto e dalla sensibilità 
                    per scoprire un¹estetica, e su questa costruire una morale, 
                    e sulla morale, magari, un¹ideologia, che noi accettiamo 
                    come postilla, mentre non la accetteremmo come premessa, alla 
                    maniera cristiana, o marxiana, o "liberale". 
                    È importante, anche se lapalissiano, che Schnittke 
                    sia russo. Il pensiero musicale, nella Russia d¹oggi, 
                    è pieno di materia, non rarefatta ma densa, e non è 
                    neppure un connotato di qualità ma soltanto una constatazione, 
                    poiché ciò vale anche per i cattivi compositori. 
                    È stato un musicista geniale come Riccardo Chailly 
                    a dire che Schnittke è l'espressione buona dell¹ultimo 
                    Sostakovic . 
                    Naturalmente, questa felice formula è un¹arma 
                    a doppio taglio. Si domanda: tutta questa materia densa non 
                    è forse la terra di riporto, la minestra riscaldata 
                    che lo zdanovismo e lo stalinismo e il breznevismo riversarono 
                    sugli artisti costretti a vivere nella oggi defunta Unione 
                    Sovietica? Non è forse cioccolata autarchica, princisbecco 
                    dorato? Si risponde: e con ciò? E se Stalin e Zdanov, 
                    dopo avere teorizzato cretinaggini sull¹arte e la musica, 
                    avessero costretto i compositori a far di necessità 
                    virtù e a scavare sottoterra per defilarsi, magari 
                    scoprendo una miniera d'oro? Questa vittoria della materia 
                    sarebbe la più allegra beffa giocata ai danni dell¹ideologia, 
                    per definizione amante dell¹astratto. Pro bono malum, 
                    e del resto Norpois, nella Recherche proustiana, asseriva 
                    che i "benché" sono a volte dei "poiché" 
                    mascherati. Forse, nei misteriosi disegni della ragione, i 
                    compositori vissuti nell¹URSS, i più afflitti 
                    dal potere nella seconda metà del Novecento, hanno 
                    acquisito un privilegio.  
                    Che russo sia, nel fondo, il nucleo dell¹ispirazione 
                    di Schnittke è indubbio, anche se le sue radici lontane 
                    sono tedesche ed ebraiche, e malgrado le premesse austro-germaniche 
                    della sua formazione artistica. Se vogliamo scrivere il suo 
                    nome completo di patronimico, alla maniera russa e con la 
                    grafia autoctona, dovremmo chiamarlo Alfred Garrievic Snitke. 
                    Nacque a Engels, nella regione di Saratov in URSS (oggi, Repubblica 
                    Russa), sabato 24 novembre 1934. Tra il 1946 e il 1948, in 
                    pieno gelo staliniano, Schnittke iniziò lo studio del 
                    pianoforte a Vienna. Ritornato in patria, studiò a 
                    Mosca e si diplomò in direzione di coro presso l¹accademia 
                    musicale "Rivoluzione di Ottobre". Nel 1953, anno 
                    della morte di Stalin (e di Prokofiev) entrò in Conservatorio. 
                    Studiò contrappunto e composizione e si diplomò 
                    nel 1958. Dopo un tirocinio di tre anni, fu nominato insegnante 
                    di strumentazione in quel Conservatorio. Esercitò quella 
                    funzione fino al 1972. Fu questa la sua prima fase creativa, 
                    durante la quale, con lavori come Nagasaki (1959) e Canti 
                    di guerra e di pace (1960), egli sviluppò un proprio 
                    stile partendo dallo spirito che anima le grandi cantate di 
                    Kabalevskij e di Khacaturian. Poco più tardi Philipp 
                    Herschkowitz, già allievo di Anton Webern e allora 
                    residente a Mosca, trasmise al ventiseienne Schnittke la conoscenza 
                    della scrittura seriale. Dal 1973 si dedicò quasi esclusivamente 
                    alla composizione. Fra le sue opere maggiori, amiamo particolarmente 
                    il meraviglioso Concerto per viola e orchestra (1985), le 
                    quattro Hymnen (1974-1977), il Requiem (1975), i Concerti 
                    grossi. Con il suo lavoro di compositore, Schnittke ha reso 
                    arroventata una presunta inattualità, consanguineo 
                    in questo di Krzysztof Penderecki e di Arvo Pärt, e soprattutto 
                    sempre più simile per animo e indole a colui che è 
                    stato il suo più autentico antecedente, Sostakovic. 
                    Nel 1980, Schnittke insegnò nella Hochschule für 
                    Musik di Vienna, e nel 1981 fu eletto membro della Bayerische 
                    Akademie di Monaco. L¹unificazione tedesca creò 
                    uno spazio comune con la Deutsche Demokratische Republik, 
                    oggi felicemente defunta, con la quale il compositore aveva 
                    avuto stretti rapporti. Nel biennio 1990-1991 fu colpito da 
                    una serie di ictus cerebrali. Si riprese, ma la sua salute 
                    rimase malferma. Schnittke è morto ad Amburgo lunedì 
                    3 agosto 1998. La grandezza di questo compositore era inattesa, 
                    ed è frutto della sua assoluta libertà da ogni 
                    pregiudizio ideologico, e non si parla soltanto di ideologie 
                    correnti nella prassi politica. Si parla di ben altro, di 
                    problemi di maggior peso. Si parla di un impegno adulto, ossia 
                    dell¹arte, forse l¹unica attività adulta 
                    e degna di essere praticata. Sopporteremo ancora le accuse 
                    di eclettico ibridismo rivolte a questo artista che rimpiangiamo? 
                    Nel suo libro Drei Formen missglückten Daseins, Ludwig 
                    Binswanger nota come il verbo latino torqueo, adatto a fissare 
                    in formula i "contorcimenti" di Schnittke, risalga 
                    alla radice indogermanica twerk. Sappiamo, a nostra volta, 
                    che tale radice è presente nella parola tedesca Zweig, 
                    "ramo". Il ramo è storto e contorto, certo, 
                    ma dà foglie e frutti. Se fosse dritto e metallico, 
                    sarebbe sterile, senza problemi e senza eredità ricevuta 
                    o tramandata. La purezza, in arte, non paga. 
                   
                    Quirino Principe 
                   
 
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