PROFILO COMPOSITORI, AUTORI

Karlheinz Stockhausen (1928) vai agli altri compositori

Karlheinz Stockhausen (Mödrath, Colonia, 1928), ha inizialmente studiato (dal 1947 al 1951) alla Musikhochschule di Colonia, sotto la guida di F. Martin, perfezionandosi poi a Parigi con Milhaud e Messiaen. Ha lavorato nello studio di musica elettronica di radio Colonia, divenendone il direttore nel 1963.
È uno dei massimi esponenti dell'avanguardia musicale degli anni cinquanta. Partito dagli aspetti più radicali dell'esperienza weberniana e dopo aver ridotto a serie l'intero bagaglio linguistico del musicista (intervalli, ritmi, timbri, dinamica del suono, modo di produrre il suono, ecc.), trasformando la composizione in una sorta di scomposizione analitica, è passato al campo dell'irrazionale, sostituendo la scientificità con un vitalismo incessante che conduce verso l'esplorazione di mondi sempre nuovi, dove non ha importanza soltanto l'atto creativo ma anche il modo d'ascolto.

Tierkreis (versione per vibrafono e flauto); opera eseguita al Palazzina Liberty a Milano il 12 ottobre 1995
Nel 1974 su ispirazione della figlia più piccola Julika, Stockhausen ideava Musik im Bauch (Musica nel Ventre) per sei percussioni e scatole musicali: dodici melodie riferite ai segni dello zodiaco "ciascuna - scrive il compositore - con un suo Zentralton...La prima, ACQUARIO...ruota attorno a MIb, e così di seguito secondo la successione cromatica ascendente;...LEONE, sul LA, si trova al centro, e finalmente il RE per il CAPRICORNO". Quanto ai caratteri delle singole melodie "cominciai a pensare a quelli di ragazzi, amici, conoscenti nati sotto i diversi segni zodiacali, in modo che, in tutti i suoi aspetti, ogni melodia fosse in armonia con i tratti del corrispondente segno zodiacale". La prima esecuzione parziale di Musik im Bauch avveniva a Royan nel marzo del 1975 ad opera del complesso Les Percussions de Strasbourg.
L'anno successivo Stockhausen proponeva diverse versioni dello Zodiaco (Tierkreis) per un qualsiasi strumento melodico e/o strumento accordale solo, per complesso vocale e tastiera (su testi suoi, naturalmente), per orchestra da camera ecc. Una buona esecuzione di Tierkreis , tuttavia, non dipende tanto dalla scelta della versione quanto dalla qualità dell'esecuzione, ovvero non dal "cosa" ma dal "come"; infatti, ogni melodia è costruita in maniera che debba essere ripetuta, variandola, 3-4 volte, con modifiche, a scelta, dell'articolazione, della dinamica, del registro, dei rapporti intervallari, eccetera. La pagina scritta è dunque solo una proposta: spetta alla fantasia degli interpreti trasformarla in realtà musicale. (Ettore Napoli)

Klavierstück IX, per pianoforte; opera eseguita a Milano alla Palazzina Liberty il 9 novembre 1995
Dedicato ad Aloys Kontarsky, che lo eseguì per la prima volta a Colonia nel maggio 1962 nella versione definitiva del '61, il Klavierstück IX si collega direttamente al X sia perché nella sezione finale sono presenti gruppi di notine che saranno il segno distintivo dell'altro, sia perché nonostante i differenti esiti sonori ambedue obbediscono al principio, fondamentale in Stockhausen, della giustapposizione - intesa come coesistenza dinamica - delle categorie dell'ordine e del disordine . In particolare, il IX è costruito attorno all'alternanza di un accordo presentato immediatamente e ripetuto oltre cento volte nel corso del brano con zone rarefatte di sapore improvvisativo. Quanto ai citati gruppi di notine della parte conclusiva, da notare che queste fanno riferimento ai valori della serie dei numeri di Fibonacci (1, 1, 2, 3, 5, 8, ecc.), dalla quale derivano anche i rapporti metronomici. Da questo punto di vista è indubbio che il Klavierstück IX rappresenta tra i quattordici composti tra il 1952 e il 1985 quello che più di tutti concretizza l'idea di fondo del compositore tedesco di "creare opere in cui i piani della forma e del materiale fossero totalmente pervasi da una serie unificante di proporzioni e dalle loro derivazioni combinatorie".

Mantra (1969-70) per due pianoforti e modulatori ad anello; opera eseguita alla Società del Giardino a Milano il 9 novembre 1999
A proposito di Mantra di Karheinz Stockhausen e della sua esecuzione a Milano, dopo quella degli anni Settanta. La prima esecuzione assoluta di Mantra - opera commissionata dalla Südwestfunk - l’emittente di Baden-Baden che ha svolto un ruolo di prezioso sostegno della musica del secondo Novecento - avvenne il 28 ottobre 1970 a Donaueschingen. I pianisti ai quali Stockhausen affidò quella esecuzione furono i fratelli Aloys e Alfons Kontarsky, un mito delle cronache esecutive della nuova musica, come Scherchen, Gazzelloni, Boulez, Canino. Di quell’evento si è impossessata la leggenda. E ancora se ne ode l’eco. Una Milano culturalmente ricettiva ascoltò Mantra la sera del 15 marzo 1976, proposta dal duo Canino-Ballista, al Lirico. Il teatro era stracolmo. Allorché si destarono i primi suoni mantrici, nella sala si consumò un prodigio: il pubblico - costituito in prevalenza da giovani - mostrò di soggiacere più ad un incantesimo che all’ascolto consapevole di una complessa opera nuova. La considerevole durata di Mantra (65 minuti, secondo i dati forniti dallo stesso autore) avrebbe verosimilmente distratto il più agguerrito ascoltatore wagneriano. Fu invece vissuta dai presenti in una condizione di magica sospensione del tempo degli orologi. Mantra si librò in una dimensione temporale altra: d’altre culture, geografie, religioni. L’Oriente evocato da Mantra conquistava, inerme, l’armatissimo Occidente, l’aborrito “colonizzatore”. C’era dunque anche l’ideologia del Sessantotto e tutte le molteplici costellazioni che attorno a quell’ideologia gravitavano. Quei giovani estatici non erano soltanto ascoltatori: celebravano il rito collettivo della condivisione ideologica che il sacerdote Stockhausen officiava. La fine del nostro secolo - ancorché svuotata di furori ideologici - continua ad additare in Stockhausen un inesauribile inventore di soluzioni linguistiche e compositive. Al pari di Cage e di altre emblematiche figure di artisti del Novecento egli fu un sensibilissimo percettore di cambiamenti di costume: musicale o ideologico che fosse. E analogamente al suo sommo predecessore Wagner (ma anche Stravinskij insegna) fu impresario di sé stesso impareggiabile. Nei giorni precedenti l’esecuzione milanese suindicata fu visto ispezionare e inquisire i rivenditori di dischi. Attentissimo al mercato, Stockhausen pretese e ottenne che i suoi dischi fossero collocati non nel settore-museo del genere classico ma in quello più “vitale” della musica davvero presente e circolante: quella cosiddetta leggera o di consumo Riproporre Mantra nel 1999 - e per di più a una Milano che non la risente da quasi trent’anni - significa compiere un atto culturale di pregnante significato che può essere sintetizzato affermando che il suo riascolto ne consentirà una captazione senza pregiudizi di sorta, una rilettura “laica”. Il disincantato riesame di un’opera che “fece epoca” sarà illuminante e svelerà quanto di geniale e duraturo è nell’opera in questione e quanto è invece ascrivibile all’irripetibile stagione nella quale nacque. Si consideri che lo stesso Stockhausen sancì con opere come Mantra una discussa virata da una poetica sostanziata di radicalismo linguistico e parossistico rigore ad una poetica di spericolate alchimie e ambivalenti suggestioni: orientali, mistiche, pacifiste ed ecumeniche. Il riascolto di Mantra dirà dunque se K. Stockhausen, oltre ad essere un indiscutibile rinnovatore delle strutture linguistiche della musica del Novecento, riconferma, nel 1999, la propria statura di compositore: statura che negli anni Cinquanta fu creduta massima. L’odierna esecuzione di Mantra è stata consapevolmente affidata a Maria Grazia Bellocchio e Stefania Redaelli, per le parti pianistiche, e a Giovanni Cospito per l’elaborazione elettronica: tre giovani interpreti che hanno saputo dimostrare di essere degni eredi dei magistrali predecessori delle prime esecuzioni. Ad essi Novurgia tributa una meditata e meritata fiducia. (Davide Anzaghi)

Digitale o analogico? Dopo circa trent’anni, le tecnologie di produzione dei suoni elettronici sono radicalmente cambiate: dagli strumenti analogici si è passati a quelli digitali che emulano, nel dominio del discreto, i processi della strumentazione analogica. Questo pone inevitabilmente un problema di corretta esecuzione filologica di queste opere: ricostruire le vecchie tecnologie analogiche (oscillatori, modulatori, ...), affidarsi unicamente al rispetto dei processi usando i nuovi sistemi digitali, oppure usare tecnologie ibride? Sono le diverse soluzioni interpretative che ovviamente comportano diverse soluzioni operative. Questa esecuzione propone un modello di interfaccia di tipo analogico ed una struttura di elaborazione digitale. Rimane l'innegabile interesse dei procedimenti musicali di quest'opera che fanno ancora parte della ricerca di quello che ora chiamiamo comunemente “live electronics”: procedimenti di trattamento e risintesi del timbro in tempo reale, spazi infratonali non temperati, strutture armoniche basate su nuove strutture di costruzione spettrale. (Giovanni Cospito)

Mantra: Stockhausen ne dà una breve spiegazione nei colloqui che ha avuto con il critico americano J. Cott (La musica elettronica, FeltrinelIi, Milano 1976) "Ora, la modulazione ad anello, che è un procedimento tecnico, fa questo: voi fate entrare nel modulatore ad anello un suono qualsiasi insieme a un secondo suono; anche questo può essere un suono qualsiasi, ma io uso dei suoni sinusoidali cioè puri. Quello che esce dal modulatore ad anello è la somma e !a differenza di queste frequenze mentre i suoni originali vengono soppressi. Se per esempio prendo la nota la, nel registro centrale del pianoforte - 440 cicli al secondo - e metto questo la e una sinusoide nel modulatore ad anello, ottengo 880 cicli al secondo e zero: cioè la somma e la differenza. Il che significa che quando il segnale che esce dal modulatore ad anello viene ascoltato attraverso un altoparlante si sente l’ottava superiore del suono originale. Ora poiché l’ottava è la seconda armonica, io altero il timbro del suono del pianoforte, che viene udito contemporaneamente al suono uscente dagli altoparlanti; la seconda armonica diviene più forte perché è raddoppiata. Ora un esempio più complesso: se ho un suono di 440 Hz e aggiungo un suono alla sua quinta superiore nel modulatore ad anello, ottengo 440 più 660, che, poiché fra i due suoni c’è un rapporto di 2:3, produce la quinta armonica, cioè la terza maggiore a 1.100 Hz. E ottengo anche 660 meno 440, cioè 220, l’ottava inferiore della nota originale. Un altro esempio: quando ho un 440 Hz e metto un 880 nel modulatore ad anello, quello che ne risulta è il suono stesso, 440; e 440 più 880, cioè 1320: di nuovo la quinta. L'aspetto interessante è che quando vario la mia sinusoide a 880 Hz molto lentamente, in un lieve glissando ascendente o discendente, il suono originale negli altoparlanti incomincia ad allontanarsi dalla nota tenuta sul pianoforte, producendo così battimenti e microintervalli; ottengo suoni ai 441, 442, 443 Hz che provengono dagli altoparlanti e vengono uditi insieme al suono originale. E così, a seconda della frequenza delle sinusoidi che metto nel modulatore ad anello, posso produrre tutti i micro intervalli vicini alle note suonate dal pianoforte A proposito di Mantra: nei modulatori ad anello vengono messe tredici note diverse per le tredici sezioni del pezzo, e queste note sono le frequenze esatte della stessa mantra. Ed esse divengono quelle che chiamiamo le “frequenze specchio” di tutto quello che si sente in questa sezione, che è sempre la mantra con le sue espansioni e le sue contrazioni. Ciò conduce a un nuovo concetto di armonia cadenzale: quando si suona la prima nota della mantra, la stessa prima nota è anche nel modulatore ad anello, e il risultato è una completa consonanza, l’ottava del suono stesso.. Se ora vado alla quinta, voi udite uscire dagli altoparlanti il secondo grado di consonanza. La terza maggiore produce un terzo grado di consonanza, e, alla fine, la seconda minore o la settima maggiore producono le dissonanze più aspre, e questo timbro sembra molto diverso da quello del pianoforte. Cott: Assomiglia all’effetto del gamelan. Stockhausen: Sì. Emerge l'aspetto metallico del suono, e ciò si deve al fatto che i suoni differenziali producono spettri subarmonici che vengono uditi insieme allo spettro armonico costituito dai suoni somma. E quando ritorno alla tredicesima nota, al termine dell'esposizione “mantrica”, ritorno anche alla massima consonanza: gli intervalli della mantra sono così composti che si allontanano dalla nota centrale, dando luogo sempre più a deviazioni, microintervalli e componenti di rumore - quelli che chiamiamo componenti dissonanti - e poi ritornano indietro. Cosicché ogni mantra, dalla prima nota alla tredicesima è come una cadenza, che si apre e si chiude. E vi sono risoluzioni intermedie: la quinta della nota originale al termine del primo membro, la quarta al termine del secondo, la terza minore al termine del terzo, e la nota stessa al termine del quarto, una consonanza completa. Lasciando la nota centrale, la tensione aumenta, poi vi è una maggiore consonanza, con le false risoluzioni su differenti gradi, finché, al termine, vi è la risoluzione effettiva. Nella musica “classica” questo procedimento veniva realizzato mediante triadi e relazioni armoniche come le settime o le none. Ma qui avviene tramite il concetto di riflessione a specchio della modulazione ad anello".

 


 

 
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