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PROFILO COMPOSITORI, AUTORI |
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Luciano Berio
inizia lo studio della musica con il padre proseguendo quindi
presso il conservatorio Giuseppe Verdi di Milano con G. C.
Paribeni e G. F. Ghedini. Nel 1954 ha fondato e in seguito
diretto con Bruno Maderna (ad essi si aggiunse in seguito
Luigi Nono) lo Studio Fonologico Musicale presso la RAI di
Milano. Nel 1956 ha fondato la rivista "Incontri Musicali".
Affascinato dagli esperimenti di Dallapiccola, con cui si
perfeziona negli Stati Uniti dopo il diploma al conservatorio
di Milano, insegnerà a Darmstadt, alla Summer School
di Dartington, al Mills College in California, alla Harvard
University e alla Juilliard School di New York dal 1965 al
1972. Dal 1973 al 1980 ha diretto il dipartimento Elettroacustico
dell'IRCAM di Parigi e nel 1987 ha fondato il Centro Tempo
Reale di Firenze. Nell'anno accademico 1993-94 ha occupato
la cattedra di poetica Charles Elliot Norton presso la Harvard
University. Svolse anche l'attività di direttore d'orchestra,
prevalentemente di musiche proprie. E' tra i maggiori esponenti
dell'avanguardia internazionale ed è stato tra i primi
in Italia a dedicarsi alla musica elettronica. Ha esplorato
in particolare la scrittura della voce, in sodalizio con la
cantante - sua moglie per un periodo di tempo - Cathy Berberian.
L'interesse per la qualità fonica della materia sonora
lo porta ad esperienze che lo vedono interessarsi delle materie
pi? disparate, dal folklore (folk songs) ai Beatles. Tra le
sue opere ricordiamo: Thema / Omaggio a Joyce, 1958,
Allez-Hop, su testi di Calvino, 1959, Visage
(voce ed elettronica), l'opera Passaggio, i Folk
Songs (1964), Laborintus II, la serie delle Sequenze,
che viene continuamente arricchita di nuovi pezzi per strumento
solo, Opera (1970), Points on the curve to find
(1974), Cries of London e Aronne (per gruppo
vocale), Sinfonia per 8 voci e orchestra, Il ritorno
degli Snovidenia, Coro (1976), due opere in collaborazione
con Italo Calvino (La Vera Storia, 1982, Un Re in
Ascolto, 1984), Ofanim (1988), Canticum Novissimi
Testamenti I and II (1989 - 1990) e Rendering (1990).
Sequenza IV, per pianoforte: opera eseguita a Milano alla Palazzina Liberty il 3 novembre 1994
Dal 1958 (data della Sequenza I) fino agli anni '80, ogni sequenza si configura come momento di approfondimento delle potenzialità tecniche ed espressive del singolo strumento che, volta a volta,viene indagato: la qualità dell'invenzione beriana è particolarmente evidente in questi brani dove il compositore pone ora in relazione e ora in contrasto diversi gesti e diversi materiali perseguendo un progetto compositivo di solido rigore formale.
La Sequenza IV per pianoforte, del 1966, appartiene al periodo dello strutturalismo, ma la tecnica compositiva strutturalista non viene identificata da Berio con una semplice definizione dei parametri a priori, ma con una base artigianale che consenta di giungere a un risultato finale che valorizzi il pensiero musicale. L'indagine timbrica sul pianoforte avviene principalmente mediante l'uso del pedale tonale durante tutto il brano, uso che crea effetti di grande suggestione sonora: aloni determinati dalla vibrazione di armonici, sovrapposizione di fasce di suoni tenuti a grappoli di note in rapida successione, alternanza di brevi momenti di staticità con situazioni di grande mobilità e fitti tremoli. C'è inoltre da notare la volontà di accrescere la massa sonora con l'uso di cluster e la ricerca della differenziazione della dinamica all'interno di uno stesso accordo, tutti materiali organizzati in una logica formale di grande coerenza, con un sapiente alternarsi di addensamenti e dilatazioni che conduce alla conclusione affidata agli accordi in pianissimo del finale. (Alberto Malazzi)
Sequenza I (1958) per flauto
solo: Milano, Palazzina Liberty 13 Maggio 1998
La sequenza di Luciano Berio viene generalmente considerata
uno dei capi saldi della letteratura per flauto solo del Novecento.
La composizione può essere suddivisa in nove sezioni
ed è basata sulla successione cromatica che è
la cellula generatrice della sequenza. Questa è presentata
all'inizio del brano, e dopo una sezione evolutiva, viene
riproposta in una seconda versione, più rarefatta rispetto
alla prima. Ad essa segue un processo di infittimento (ottenuto
attraverso l'aggiunta di notine, tremoli e di flatterzunge)
che porta all'ottava sezione dove il climax ascendente trova
il suo sfogo e la composizione è al culmine della tensione.
Da questo punto in poi il discorso rnusicale comincia a diradarsi
e a distendersi, salvo una breve eccezione nel forte subito
prima dell 'ultima parte, dove si ripresenta la cellula generatrice.
Il tempo si dilata sempre più e le note sono intercalate
da numerosi silenzi, la dinamica si smorza lentamente sino
ad un do# basso, tenuto, dove tutto sembra fermarsi e morire,
un ultimo sussulto coglie di sorpresa l'ascoltatore: un do
naturale secco, breve e sospeso, seguito da un silenzio interminabile
che lascia presagire un nuovo inizio o la fine definitiva.
Les mots sont allés (1978) per violoncello solo: opera eseguita a Milano alla Palazzina Liberty il 7 novembre 1996
Ebbe la prima esecuzione a Basilea nel 1978 con Mstislav Rostropovic - e aspira ad un lirismo intimo: non a caso il sottotitolo della composizione è recitativo per cello solo. È unintimità desiderata più che raggiunta, mai espansa se non nel finale in ppp. Wasserklavier (1965) per
pianoforte solo: opera eseguita a Milano al teatro Litta
l8 novembre 1998
L' interesse di Berio per il pianoforte solo si risolve in
una decina di brani, il primo dei quali risale agli inizi
della sua intensa attività artistica: Petite suite
pour piano (1947), un titolo - e non solo questo - che
ci ricorda molto da vicino Pour le Piano di Debussy.
La maggior parte delle pagine successive si concentra in due
gruppi: uno al quale lavora dalla metà deg1i anni '60
al 1969, l' altro tra l' 85 e il '90. Wasserklavier
(lett. Musica dell'/sull' acqua) rientra nel primo; composto
nel 1965, ? stato eseguito per la prima volta a Brescia nel
1970 e precede di un solo anno la Sequenza IV e Rounds,
sempre per pianoforte. Al contrario di quest' ultima pagina
e del successivo Memory per due pianoforti, attenti alle sperimentazioni
con i suoni armonici che fanno presagire la trasformazione
radicale delle sonorità strumentali operata dall' impiego
dell' elettronica, Wasserklavier rappresenta una pausa,
una sorta di riposo tonale (Fa minore), prima
di riprendere la ricerca. (Ettore Napoli)
34 Duetti per due violini: opera eseguita il 10 maggio 1999 a Milano al Teatro Litta
Si tratta di trentaquattro brevi brani (il più corto dura meno di trenta secondi, il più lungo circa quattro minuti), ognuno dei quali vuole essere il ritratto o un omaggio ad una persona, dal cui nome di battesimo trae il titolo. Tra i dedicatari si trovano compositori del Novecento storico (Bela Bartók, Igor Stravinskij, Giorgio Federico Ghedini), del secondo Novecento (Bruno Maderna, Pierre Boulez, Rodion Scedrin, Henri Pousseur, Mauricio Kagel), strumentisti e/o direttori dorchestra (Marcello Panni, Piero Farulli, Vinko Globokar, Franco Gulli, Aldo Bennici, Carlo Chiarappa, Lorin Maazel), musicologi (Leonardo Pinzauti, Fiamma Nicolodi, Massimo Mila, Fedele D'Amico), ma anche uomini di cultura (Edoardo Sanguineti) o amici e collaboratori del compositore (Peppino Di Giugno, ad esempio). Si hanno così pezzi di andamento e carattere diversissimi: varrà la pena di ricordare almeno la rievocazione delle atmosfere del III Quartetto di Bartók (n. 1), limpiego di ostinati (n. 2, Schlomit Almog; n.22, Vinko Globokar; n. 27, Alfredo Fiorenzani; n. 29, Alfred Schlee), i due "Valzer" (n. 6, Bruno Maderna e n. 19, Annie Neuburger), una "Serenata" volutamente scombinata (n.33) per Lorin Maazel. Solitaria eccezione, il n. 20, dedicato a Edoardo Sanguineti, si estende per ben centocinque misure e prevede il raddoppio delle due parti reali, in alternanza con alcuni passi "a solo". (Fabrizio Dorsi)
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