POESIA CHIAMA MUSICA
Peter Genito
Cosmogonia tacita versificata
(omaggio a Grytzko Mascioni)
Urano copulante follemente
con Gaia madre terra dolorante
che per maschia e cupa gelosia
il padre respingeva nel suo ventre
prigione abitata da un palpitare straziante
Gaia umiliata si nutre di rancore
e alleva Crono, ultimo dei suoi nati
Lo addestra all’uso del metallo,
forgia per lui una falce affilata
lo spinge all’oltraggio
che riempie lo spazio di sgomento
Colse il momento opportuno Crono
quando Urano ridiscese voglioso
sulla madre atterrita
L’arma vibrò, e anche gli astri più remoti
tremarono per l’urlo tremendo del dio castrato
Rotea nell’aria stillando sulla terra nero sangue
il sesso mozzo ancora baldanzoso e turgido
Si riversa nel mare la cascata schiumosa del seme
Dalla fanghiglia sanguinosa si sciolsero le Erinni
spirito stesso della vendetta,
e i Giganti, destinati a perpetuare
la strepitosa lussuria del coito inappagato
Sorse Afrodite, fiorente nella luce chiara dell’Egeo
dal candore dello sperma divino
e dai celesti flutti del mare
Afrodite, bellezza tenera e armonia, vertigine e grazia,
inquieta mobilità di un desiderio vagante
che subito invase i figli tutti di Gea liberata
Si stringe Crono alla sorella Rea
Li imitano tutti i fratelli e le sorelle
tripudio incestuoso, origine del mondo e di tutte le cose,
nel bene e nel male.
Continuava per conto suo a partorire,
la Notte, una progenie verminosa,
sciagura, biasimo, discordia, inganno!
E le Moire, che filano il Destino,
la turpe vecchiaia, e la Morte, e il Sonno, suo ambiguo fratello.
E i sogni, e le altre tristezze note
la Fame
la Guerra,
il Dolore,
e Nemesi, che vigila rovinosa sulle nostre debolezze,
vendetta che non perdona errore
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