POESIA CHIAMA MUSICA  
                   
                    
                  Mariella De Santis   
                    
                  Magnificat 
                    Magnificat anima mea , 
                    e canta un inno sacrilego e straziante,  
                    dissolvimi in questo esplicito tremore,  
                    corrodi carni e l’anima tua stessa.  
                  Vinci quel mio sordido desiderio d’andare,  
                    come mai avessi amato guardare le mie terre rosse,  
                    rosse come il sangue che femmina e sterile  
                    ad ogni cambio di luna mi scopre.  
                  Allontanati anima mia dalle acque scure e voluttuose che troppe volte concupiscente guardo, come ora, ora che sto lottando con te che vuoi fuggire o scappare e devo farmi arenaria per non venirti dietro e ricordarmi che non so volare 
                  se non quando 
                  il corpo di quell’uomo amo e prego 
                    come un altare su cui mi muoio e mi vivo,  
                    quel corpo che imploro e rifuggo e tratto  
                    come radice che sotterro, dissotterro e bagno con saliva, 
                    incerta se nutrire o disseccare, 
                    il corpo a cui sorrido anche quando i miei sussulti,  
                    le alzate delle reni, sono i lontani gemiti delle battaglie  
                    tra vascelli con acqua a bordo,  
                    che con arte gli nascondo  
                    cosicché non tutto abbia ad avere di me. 
                  Magnifica anima mia  
                    il tempo che è stato fermato nelle notti di tenerezza, 
                    magnifica ogni bugia che ti repelle, 
                    magnifica i muscoli della mia mano fermàti da un angelo,  
                    ogni volta che cercavano di portare 
                    il ricordo di lui in pieno aperto mare. 
                  Magnifica anima mia lo scoglio su cui mi infrango con amore e rabbia, quello stesso che è parte del mio nome, dio dispettoso delle voluttà e delle cure a cui ora volto le spalle attendendo solo che mi prenda dai fianchi. 
                       
                      Milano 2001/2002  
                    
                    
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