Il nuovo evento letterario e musicale
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Ombra e Marina Cvetaeva
Nello Sbalordimento
Testo a due voci: Ombra e Marina Cvetaeva
Indicazioni sceniche:
creare un'ombra che si agita e recita dietro uno schermo bianco, davanti al quale in ginocchio, con un libro in mano (vari libri attorno, una semplice stufetta elettrica; una coperta ) c'è una donna: Marina.
La voce nel bianco
- Marina Cvetaeva, l’ultima notte (Russia 1941)
(Ombra)
La difesa si è fatto barriera,
hai la porta chiusa
e nella casa i muri crescono
da dentro.
Un angolo esatto ti copre
le spalle da tutti gli sguardi.
La casa e la finestra,
il buio dell'esterno dentro il giorno,
nella persiana chiusa nell'angolo
dove avevi deciso
di restare
(Marina)
Consumo le mani per afferrare
i giorni come una volta
sapevo l'estate che scava
l'abbraccio
- un sorriso e la promessa.
Si fanno gonfi i piedi immobili
nell'attesa di sapere
- il muro è bianco, sempre più bianco
e solo.
Più di quanto avrei pensato
dieci anni fa
La casa si è scavata le radici
nella tua lingua
dove il vento è urlo senza saperlo,
senza volerlo.
L'abitudine ai giorni
– una linea nella stanza dove dormi
e quella semplice del cibo.
Le tue parole salvano
il bianco nei polsi credendolo
vita davvero
Sottilissima la terra che amavo
si è ristretta,
e non so più camminare.
La stanza è uno spazio assediato,
le facce, le facce sono
lo specchio concavo di me.
La voce che ordina sale
dentro i polsi, batte
e parla della tempesta
- un oceano, un'inondazione
La pagina nasconde l'assoluto del gesto,
una forma scura,
non più la sentenza strappata
con forza ostinata ai giorni.
Resta solo l' ultimo giudizio,
puro e intatto.
Non pensi – ascolti l'incarnazione,
il suo esistere sottile
in ogni cosa là fuori
Come il leopardo vengo da spazi
immensi di fame,
esisto e rinasco dentro la voce
ogni giorno, ogni ora.
Della pietra – non so,
non so ancora il nome
e dirla questa gioia, questa paura
Sei sulla terra con il corpo
orfano e spietato come solo i bambini.
Cerchi l’allegria nelle labbra.
A ogni risveglio sai
il punto – esatto tra luce e buio,
dove la casa è nido,
un ritorno e quella paura che non lascia
i giorni
Cerco l’oblio di me
nell’immobilità dove tutto
rischiara il gesto.
Lo feconda.
La mia mente è stanca da tempo
– ha continuato la legge dispari,
una lotta di amore e verità.
Adesso lo so, solo incontrandolo
il mattino è un dono
per il dopo
Questo il disegno,
tu qui – esposta come la roccia all’onda,
al suo levarti pezzo su pezzo.
La parola è una punizione
cui non puoi resistere
senza scelta, senza limite e pace.
Hai lasciato tutto: la terra,
questa patria e l’ombra a nascondiglio
dentro l’infanzia.
Non avere paura, segui il passo,
puoi risalire dove era iniziato
Sono uscita dalla grotta dentro il petto,
dentro il respiro.
So il dono della casa,
la memoria dei muri e l’eco,
l’inutilità di ogni domanda.
La distanza tra le due rive è
sottile come solo la vita.
Senza protezione.
Non avanzo pretese, non posso
Solo il buio ti offre soddisfazione,
le necessità di sempre.
Volevi – essere
nient'altro, un imperativo battuto dall'urlo,
scritto dentro il tempo.
La fine ti è cresciuta in grembo,
come un figlio, come la vita.
Hai vinto adesso,
hai preso l'arma – la tua salvezza
La barriera, c’era la barriera
fino a questo momento.
Adesso non serve più,
non è difficile, adesso.
La luce domani dirà a tutti
– è solo dedizione la mia,
un gesto giovane di chi è
più forte del tempo.
Domani chi non capisce
parla con la voce del notiziario.
Resta la parola – questa vita
Nello sbalordimento
- Ulisse, la vecchiaia
(un marinaio)
Un colpo d’occhio, uno sguardo
ti bastava su tutta la massa,
su quella grande acqua
da tagliare sulla cima e scavare,
dentro, sino al buio del fondale,
dove c’è solo una sabbia
sottile tra le forme.
Attorno acqua, solo acqua
- tu solo, eroe solo tra tutti.
(Ulisse)
In viaggio, molte lune dentro
quei tramonti enormi
rotti solo dal bianco, ogni tanto.
Nelle notti ho baciato
bocche innamorate,
perse all’alba nell’addio dovuto,
nel segno inciso dal destino.
Era quella la sconfitta,
il passo non pagato al dopo,
il salto impossibile dentro una forma giovane
- non sapere cosa fosse l’amore,
essere solo padre.
Non un uomo dentro la donna,
solo la casa lontana era la pienezza
nel tempo circolare.
Adesso vivo adagio
nello sbalordimento
- un fiume scorre e divento pantano,
un’ acqua molle dove
non posso altro che vedere il cielo,
immobile nel blu, dentro le ore.
La tua vecchiaia? Lo sai, una nostalgia
del primo incontro,
le nozze mai sapute, mai avute.
Un sole cresce ancora
nella pelle di seta di una figlia .
L’hai inventata come il pittore,
come la voce che non c’è
- non la conosco.
La donna amata, la sola,
mi ha strappato il sorriso
e lo disegna ora di dolore.
Lontana, il suo abbraccio
slittato via,
lo vedo ancora la notte,
alto nel chiaro delle ciglia
- senza un nome.
La pianta di fichi nel centro del giardino
si fa strada tra le pietre,
gli anni vengono su a mazzi
dentro i fianchi - fiori secchi dentro
la crepa taciuta nel destino,
laggiù, sotto il conto dei giorni
mai finito.
Il vento fa capolino
nella mia testa ogni estate,
poi svanisce sotto la neve
- il sogno è ormai perduto nella mattina
slittata via come per caso.
In questo esilio compiuto,
la vita siede, laggiù.
Lontana, di spalle.
La pace, cerchi la pace,
non quella ossuta gioia della giovinezza,
l’età selvatica della fame
non saziata mai dal cielo.
E’ una voglia larga, la tua adesso,
come lo sguardo dentro il mare
sino a sentire il battere
tra onda e onda.
Tra onda e onda, come una fine….
solo una fine…
Gabriela Fantato, (Milano 1960) insegna Lettere in un Istituto Superiore di Milano. Suoi testi compaiono su molte riviste, antologie e siti letterari. Ha vinto alcuni Premi Poetici, tra cui il premio "Eugenio Montale Europa (2004). E' stata invitata a rassegne letterarie ed eventi poetici di rilievo, tra cui il
Festival Internazionale di Poesia di Milano (maggio 2006).
Raccolte poetiche:
Fugando (Book editore, 1996);
Enigma (DIALOGOlibri, 2000);
Moltitudine, in
Settimo Quaderno di Poesia Italiana, a cura di Franco Buffoni, (Marcos y Marcos
, 2001);
Northern Geography, con traduzione inglese di Emanuel Di Pasquale (Gradiva Pubblications, 2002),
Il tempo dovuto, 1996-2005 (editoria&spettacolo, 2005) e
Forse una geometria (Fiori di Torchio, 2005).
Saggi critici:
L'incontro con lo straniero, note su F. Romagnoli, A. Pozzi, D. Menicanti, C. Campo e M.L. Spaziani (Crocetti editore, 2000);
Una geografia spirituale, la poesia di Cesare Pavese (Crocetti editore, 2002); In filigrana, dentro lo sguardo di Paul Klee e Marc Chagall (Moretti&Vitali, 2006). Ha curato l'antologia di saggi critici
Sotto la superficie, letture di poeti italiani contemporanei (1970-2004) (Bocca editore, 2004) e con L. Cannillo il libro di interviste a 25 poeti italiani
La Biblioteca delle voci (Joker ediz., 2006). Il suo racconto
Il battito è nell'antologia
Canti di Venere (Borelli editore, 2005).
Per il teatro ha scritto i testi in versi:
Messer Lievesogno e la Porta Chiusa (Teatro Comunale di Bologna, 1997);
La bella Melusina (Teatro Quirino, Roma 1998);
L'elefante di Annibale ( Auditorium di Milano, 2000);
Salom è Saltatrix (Villa Reale, Monza, 1999);
Enigma (Piccolo Teatro, Milano 2000);
Ghost Caf è (Teatro Donizetti, Bergamo 2000). Dirige la rivista di poesia, arte e filosofia: "La Mosca di Milano" ed è nella redazione della rivista "La Clessidra".